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5 dicembre 2012Generale

Infrastrutture, il costo del non fare? 500 miliardi in 16 anni

Questa settimana infrastrutture.org ha incontrato Andrea Gilardoni, professore associato di Economia e Gestione di Impresa all’Università Bocconi di Milano e attuale assessore alle Infrastrutture e Mobilità di Regione Lombardia, per fare il punto sulla situazione in regione e comprendere gli scenari futuri.
 
Assessore, quali sono le misure da prendere riguardo alle infrastrutture nei prossimi 4 mesi?
Io sono un assessore “tecnico”, credo che il mio ruolo sia quello di portare avanti i progetti esistenti.
Le iniziative sono tante: se ci focalizziamo su quelle stradali gli obiettivi sono la Brebemi, la Tem e la Pedemontana. Senza però dimenticare e sottovalutare una serie di infrastrutture minori che hanno un peso enorme, come il tratto della Paullese,la SS38 e il relativo proseguimento e altre opere apparentemente minori. Dal punto di vista delle ferrovie stiamo seguendoil tratto Treviglio-Brescia dell’Alta Velocità, la ferrovia Castano Turbigo e la Saronno-Seregno che è stata completata proprio in questi giorni. Inoltre stiamo avviando la riflessione sul tratto Brescia-Verona dove è aperto il dibattito con la componente bresciana che ritiene che, con l’attuale percorso, sia fortemente danneggiato il territorio nella zona del Lugana. Noi però riteniamo che sia corretto confermare l’attuale tratto, sia per quanto riguarda i tempi di realizzazione che per i costi (l’attuale percorso corre in parallelo all’autostrada A4 consentendo così di minimizzare gli interventi per la viabilità secondaria). Grazie alle nuove tecnologie l’impatto verrebbe minimizzato e poi cambiare tragitto comporterebbe ripartire da zero con l’iter autorizzativo.
 
C’è un rischio Torino-Lione?
Può darsi anche se il profilo Torino-Lione ha caratteristiche molto peculiari. Come ho detto a un coltivatore da un lato ci sono delle compensazioni, dall’altro delle opportunità. Ad esempio si potrebbe prevedere una fermata intermedia a Peschiera, per collegare Malpensa o Venezia in poco tempo con la zona del Garda. Sempre per quanto riguarda le opere ferroviarie pongo una grande importanza al traforo del San Gottardo. Il governo svizzero infatti ha messo a disposizione ottocento milioni di franchi svizzeri per adeguare ai treni merci l’asse Bellinzona-Luino-Gallarate.
Questo consentirà di collegare il cuore produttivo lombardo al centro Europa e ai porti del nord Europa e ridurre i costi.
 Quindi la scelta rimarrà su Luino e non su Chiasso Poiché il traforo vicino a Lugano sarà pronto nel 2018, e il Gottardo invece nel 2016, prima di pensare a Chiasso, credo, può aver senso rafforzare il transito verso Luino nel breve e nel lungo termine. E quindi, alzare un certo numero di gallerie a 4 metri, l’altezza standard per i treni merci.
Questo consentirà di sviluppare l’interpolarità con la Svizzera con impatti per l’intera Europa e per l’Italia.
 
La situazione di Brebemi e Pedemontana: a che punto stiamo?
La Brebemi è a buon punto e sono ottimista nel ritenere che verrà completata rispettando i tempi.
Sul tema della Pedemontana e della Tem la concessionaria è la Serravalle. Noi abbiamo espresso la nostra preoccupazione invitando la Provincia o la Serravalle a operare. Devo esprimere, in merito, preoccupazione, come l’hanno espressa altri interlocutori come ad esempio il mondo finanziario.
 
Quale è la sua posizione sulla questione Linate-Malpensa
Prendo atto della situazione esistente e dalle esplicite e chiare strategie attuate dalla Regione e dal Governo negli anni recenti. Attualmente per i voli intercontinentali esiste una triangolazione Venezia (che gestisce il traffico di tutto il nord est d’Italia), Roma (che collega il centro sud) e Malpensa (che gestisce il traffico del nord ovest) in un triangolo continentale. E’ molto probabile che questa soluzione non sia, sul piano strettamente teorico, la migliore. Però, sa, non è facile. Malpensa ha avuto e ha oggi, per una scelta di Alitalia, un numero di passeggeri in seria flessione.
 
Quindi?
Secondo molti Montichiari sarebbe ideale per un aeroporto di grandi dimensioni, con un bacino potenziale di 30 milioni di utenti. Malpensa, ad esempio, arriva, se non sbaglio, a 20 milioni.
Certamente Montichiari al centro della pianura padana avrebbe una superiore capacità attrattiva ma questa soluzione, attraente sul piano teorico, ha un piccolo problema: mi dicono che un serio aeroporto intercontinentale, non Malpensa o Venezia, porterebbe innanzi tutto alla chiusura dei due scali del nord e avrebbe soprattutto un costo di 4-5 miliardi di euro (il nuovo aeroporto di Berlino ad esempio è costatato tanto). Malpensa, che obiettivamente non è collocata in condizione ideale, è costata 2 miliardi e rotti. Cosa facciamo, buttiamo a mare Venezia e Malpensa? E’ una questione politica ma anche economica. Personalmente credo che nel breve e medio termine, 10/15 anni, sia necessario massimizzare e sfruttare l’esistente e farlo invecchiare. Poi, in un ottica di rottamazione, si potrà pensare a un nuovo grande aeroporto, magari anche in una congiuntura economico migliore di quella attuale. Ci vuole comunque una politica aeroportuale che tenga conto del fatto che ci sono moltissimi aeroporti in forte perdita.
 
 
La  navigazione  laghi  è  ancora  gestita  dal  ministero  tramite  un commissario  straordinario anche se per legge deve essere una competenza delle regioni. Come mai questo non è ancora avvenuto? Perché le regioni non riescono a mettersi d’accordo lasciando la situazione in uno stato di completa illegalità?
Non sapevo del profilo della legalità, che è discutibile: secondo me non è che sia illegale. Il punto è molto semplice: la navigazione laghi perde soldi. Se le regioni vogliono assumersi la gestione devono mettere in conto di assumersi questa perdita, oltre a dover acquistare gli asset e prendersi carico dei dipendenti. Comunque, sinceramente, non è la priorità ma noi come Regione Lombardia ci stiamo pensando. Una gestione locale, infatti, darebbe un impronta più legata alla tradizione, con il recupero di battelli storici invece che l’inserimento di aliscafi e catamarani. E’ un tema importante perché i laghi sono un aspetto importante per il turismo di questa regione. Faremo un convegno a marzo su questo tema.
 
Lo  strumento  per  la  gestione  del  trasporto  pubblico  su  rotaia  in  Regione  Lombardia  è Trenord. Per quale motivo Trenord ha presentato un’offerta di acquisto per la Gtt di Torino che effettua sì trasporto pubblico locale, ma su gomma?
Perché Trenord è una “fifty/fifty” Ferrovie Nord e Ferrovie dello Stato e hanno ritenuto che ci fosse un disegno di crescita potenziale di Trenord come operatore L’idea è quella di sviluppare, anche alla luce dei risultati obbiettivamente positivi, un’ estensione territoriale dell’ attività che già c’è, visto che Trenord lavora già in Piemonte. L’offerta è stata fatta; poiché non erano chiari alcuni punti è stata fatta un’offerta subordinata condizionata che non è stata accettata dal comune di Torino che bandisce la gara perché si prevedeva nel bando che la stessa fosse incondizionata. Però evidentemente gli amministratori di Trenord hanno ritenuto di non poter fare diversamente. Quindi questa è la situazione: in questo momento essendo stata, per così dire, “scartata” anche l’offerta di Trenord si apre una trattativa privata ed è un elemento di strategia su cui stiamo riflettendo d’intesa con il nostro partner Ferrovie.
 
Lei  è  uno  dei  fondatori dell’Osservatorio  Cnf  (Costi  del  Non  Fare):  spieghi  brevemente quanto  ci  costa  il  ritardo  in  Italia  per  la  realizzazione  delle  infrastrutture  e  cosa  farà  per migliorare la situazione in Lombardia?
Il Cnf nasce una decina di anni fa per porre l’attenzione sul “lato oscuro” delle infrastrutture che in Italia vanno fatte in modo diverso da come sono state fatte fino a oggi: devono costare meno sia nella realizzazione che nella gestione, le due parole d’ordine del prossimo futuro dovranno essere sobrietà e priorità. Per esempio, non più tardi di pochi giorni fa, mi hanno chiesto di fare un nuovo tratto di autostrada in Lombardia, precisamente in mezzo a due statali già esistenti. Potenziamo le due statali, facciamo delle circonvallazioni. Oggi come oggi sono poche le risorse a disposizione.
Non si può più agire come si è fatto fino al 2007/2008, quando bastava schioccare le dita e affluivano i capitali per realizzare le infrastrutture. Attualmente il modello di finanziarizzazione pubblica è praticamente finito se non per piccole parti. Il project financing può stare in piedi ma c’è bisogno delle fonti, delle tariffazioni. Gli investitori stranieri sono scappati dall’Italia e non abbiamo fatto nulla per tenerli. L’attuale governo ha fatto delle riforme ma vanno a toccare gli aspetti finanziari e non il cuore del problema che è il processo gestionale e autorizzativo.
 
Come ovviare?
Investendo in intelligenza: le infrastrutture del futuro devono avere più materia grigia e non cemento. Abbiamo un enorme margine di miglioramento del profilo costo-beneficio, che, come abbiamo calcolato nell’ultimo nostro rapporto, è di 500 miliardi di euro nei prossimi 16 anni. Dato il mio ruolo di assessore-ponte posso fare ben poco, però una cosa l’abbiamo avviata: un processo di riflessione e sensibilizzazione su questi temi. Ho scritto una lettera ai responsabili delle maggiori aziende che si occupano di infrastrutture chiedendo loro di ragionare su quali possano essere le soluzioni infrastrutturali del futuro e stiamo avendo un certo riscontro. L’infrastruttura non è il fine ma il mezzo per raggiungere un certo obbiettivo. Dobbiamo mettere a fuoco l’obbiettivo e capire quale è la soluzione migliore che non passa necessariamente per la costruzione di una nuova infrastruttura.