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11 aprile 2013Generale
Expo rischio flop Lavori in ritardo e i big disertano
Rischio rinvio per l'Expo del 2015 a Milano. Con conseguente esborso di mega penale per non aver rispettato l'impegno preso con il Bie, l'organismo internazionale che sovrintende all'organizzazione delle grandi manifestazioni.
E la cosa è ancor più grave, perché quella di Milano è l'unico evento di spessore vinto dall'Italia per i prossimi lustri. Ad alimentare il giallo, un articolo comparso sul quotidiano La Notizia e immediatamente rilanciato sia dall'edizione internet che dal sito Dagospia.
A finire nel mirino, ovviamente, l'ex presidente di Assolombarda Diana Bracco, oggi presidente della Spa che deve allestire l'intera operazione e i commissari Giuliano Pisapia e Roberto Formigoni. Il problema, si può leggere, è il fatto che «a distanza di 764 giorni dall'apertura della kermesse universale molte nazioni di grande importanza non hanno ancora aderito all'evento.
Negli uffici milanesi sono arrivate le conferme sulla presenza di 125 Paesi, ma finora Stati Uniti, Inghilterra, Canada, Australia e altre nazioni europee come Olanda, Finlandia, Portogallo, Svezia, Grecia e Lussemburgo hanno già detto che non parteciperanno».
Notizie che contrastano con un viaggio già programmato per aprile dai vertici di Expo negli Stati Uniti a cui hanno riservato 4mila metri di spazio, ma che sono state indubbiamente alimentate da voci che da tempo si ripresentano puntualmente ogni volta che si scopre che i lavori sono in ritardo.
Magari in cantieri come quello della metropolitana che non dipendono da Expo. Anche se l'ad Giuseppe Sala, ha recentemente fatto sapere che il maltempo ha ritardato i lavori e che dunque per l'estate sono previste ampie razioni di doppi turni.
«La preoccupazione della Bracco – si legge ancora nell'articolo – è he rispetto all'obiettivo di 130 partecipanti si stia profilando la diserzione di Paesi che a Milano dovrebbero assolutamente arrivare». Tanto da far intendere che «addirittura si potrebbe profilare lo slittamento o la cancellazione dell'Expo». Secondo il giornale «uscire adesso dalla kermesse per lasciare la strada ai turchi di Smirne (secondi arrivati nella gara per la rassegna) costerebbe 51,6 milioni di euro (più le penali per gli appalti già partiti).
Se poi l'Expo dovesse slittare nella data di avvio o di una cancellazione, i turchi di Smirne potrebbero chiedere il pagamento di una sostanziosa penale che potrebbe arrivare a 119 milioni». Sicuramente «un disastro economico e di immagine, che Milano e l'Italia non possono certo sopportare». Anche perché nel 2017 il Kazakistan ospiterà un'Expo e «il rischio di sovrapposizioni, a causa delle lungaggini di Milano, fa ora tremare i polsi».
Ma la società e i commissari ostentano ottimismo ed esibiscono con orgoglio il numero record delle 125 partecipazioni già messe in cassaforte. «Cluster quasi completi - ha detto Sala - solo sette od otto spazi ancora liberi». E molti padiglioni già addirittura progettati, a cominciare da quello sontuoso del Sultanato dell'Oman presentato solo pochi giorni fa con tanto di plastico: uno spazio di 2.790 metri per dimostrare come sole, sabbia e mare possano trasformarsi da limite a risorsa per l'agricoltura.