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4 luglio 2013Trasporto aereo

UE: stop agli aiuti pubblici, decine di aeroporti a rischio

Stretta in arrivo da Bruxelles sugli aeroporti italiani che non sono in grado di sostenersi senza aiuti dallo Stato o dal parastato. Il nuovo orientamento introdotto dal commissario europeo alla Concorrenza, Joaquin Almunia, potrebbe infatti produrre tagli ben più drastici di quelli proposti dal piano elaborato dal ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, mettendo a repentaglio persino aeroporti centrali come Genova, Bologna, Firenze o secondari come Ciampino qualora non fossero in grado di sostenersi senza interventi pubblici, sia statali che regionali.

Un passo indietro. Tra il 1995 e il 2008 la Commissione ha autorizzato ben 90 aiuti di Stato destinati a sostenere 46 aeroporti in 18 Stati membri, per un totale di oltre 150 milioni di euro. Migliorare le capacità aeroportuali e promuovere esempi di connessioni intermodali sono state le principali motivazioni per giustificare i contributi pubblici alle spesso esangui casse delle società aeroportuali. L’arrivo di Almunia alla Concorrenza ha sensibilmente modificato l’approccio dell’esecutivo europeo, che oggi appare orientato non solo a un più stretto controllo degli aiuti di Stato, ma soprattutto pare deciso a mettere in pratica una politica di drastica riduzione del numero degli aeroporti regionali in Europa. Oltre alle inchieste che riguardano finanziamenti illeciti alle compagnie aeree - come l’ennesimo caso Ryanair o l’indagine su Cargolux, il vettore lussemburghese che forte di 300 milioni di aiuti statali ha provocato l'uscita dal mercato di CargoItalia - di recente la Commissione ha aperto un numero impressionante di procedure contro aeroporti di piccole e medie dimensioni.

La Francia, dove sono attualmente sotto inchiesta i finanziamenti pubblici agli aeroporti di Beauvais, Nîmes, Carcassonne, La Rochelle e Pau e Angoulême sembra essere in prima linea. Ma non si trascura la Germania, visto che nel mirino sono finiti, tra gli altri, scali non secondari come quelli di Niederrhein-Weeze in Renania Nord-Westfalia, Dortmund e Altenbourg-Nobitz in Turingia. Per non parlare del Belgio stesso o della Svezia. Dietro questo fiorire di procedure s’intravede ormai una strategia chiara, cominciata oltre un anno fa con una consultazione pubblica sul finanziamento delle strutture aeroportuali e che dovrebbe sfociare, nel 2013, nella revisione dei regolamenti europei relativi al settore dell’aviazione. Revisione che, in pratica, sembrerebbe tradursi in un messaggio inequivocabile di Bruxelles: basta fondi statali e parastatali agli aeroporti che non sono in grado di sopravvivere autonomamente e, di conseguenza, razionalizzazione della capacità aeroportuale europea.

Il ragionamento della Commissione parte dalla considerazione che le linee aeree low-cost e l’accresciuta mobilità dei cittadini comunitari hanno certo contribuito al proliferare di nuovi scali, ma occorre temperare le reali necessità con una visione accettabile degli investimenti pubblici. La rete transeuropea conta, oggi, oltre 400 aeroporti classificati secondo un complesso calcolo che tiene conto del numero di passeggeri, dei decolli ed atterraggi, delle tonnellate di merci in transito e una serie di altri parametri che, di fatto, escludono dal computo i piccoli scali regionali. Se quelli che vengono definiti «nodi internazionali» movimentano oltre 5 milioni di passeggeri l'anno e sono la porta dell’Europa verso il resto del mondo, i «nodi d’interconnessione comunitaria», tra 1 e 5 milioni di viaggiatori, costituiscono il cuore della rete europea. Rimangono i cosiddetti «aeroporti regionali» o punti d’accesso alle aree periferiche. Una rapida occhiata alla cartina dell’Italia svela ben 19 aeroporti nel quadrilatero tra Villanova d’Albenga (lo scalo fortemente voluto dal parlamentare Claudio Scajola), Trieste, Bolzano e Firenze. Il che, con un calcolo empirico, piazza una pista d’atterraggio ogni 60 chilometri circa. Se a questi si aggiungono gli scali oltre frontiera, come Nizza o Innsbruck, la densità sale ancora. Visti gli investimenti nelle reti ferroviarie transeuropee, la domanda che si pone la Commissione è la seguente: abbiamo veramente bisogno di finanziare con denaro pubblico tutti questi aeroporti?

Secondo Bruxelles il numero degli scali di primo e secondo livello direttamente collegati con la rete ferroviaria ha ormai superato la cinquantina, ed è destinato ad aumentare nei prossimi anni in maniera rilevante limitando quindi il reale bisogno di far decollare un velivolo ogni 60 chilometri. Meglio quindi raddoppiare o quasi, si pensa a piani alti di Bruxelles, la distanza media tra uno scalo e l'altro.
Dunque, se in Francia e in Germania la lotta per la sopravvivenza tra gli aeroporti più piccoli è già cominciata, con colpi bassi e interventi di lobbysti ai massimi livelli, il dibattito non sembra granché vivace in Italia, a parte le rassicuranti prese di posizione del ministro Passera che però, fino a questo momento, non vanno oltre le buone intenzioni. Il rischio di questa melina politica è che si arrivi impreparati al giorno in cui la decisione di tagliare non sarà presa a Roma ma altrove.