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16 luglio 2013Trasporto marittimo e fluviale
Sviluppo dei porti e crescita dei traffici.
In breve
Dai dati contenuti nel Rapporto "Infrastrutture e Competitività 2013", che forniscono una panoramica aggiornata sui traffici sia a livello nazionale che internazionale, a quelli forniti dalle statistiche annuali di Assoporti: la situazione dei porti italiani ad oggi, stretti dalla competitività del Nord Europa, del Nord Africa e del Mediterraneo orientale.
Dai dati contenuti nel Rapporto "Infrastrutture e Competitività 2013", che forniscono una panoramica aggiornata sui traffici sia a livello nazionale che internazionale, a quelli forniti dalle statistiche annuali di Assoporti: la situazione dei porti italiani ad oggi, stretti dalla competitività del Nord Europa, del Nord Africa e del Mediterraneo orientale.
Premessa
Il tema delle infrastrutture, dopo il Decreto del Fare, torna a far parlare di sé con la presentazione da parte delle Fondazioni Astrid, Italiadecide e Respublica, del Rapporto "Infrastrutture e Competitività 2013", un documento che riunisce i report delle grandi opere in Italia, da quelle stradali a quelle ferroviarie, e le questioni strategiche in merito a lavori pubblici, finanziamenti e fattibilità delle opere, il tutto con capitoli molto interessanti sul mondo del traffico marittimo.
Alla presentazione, avvenuta lunedì 8 luglio 2013 presso l'Auletta di Gruppi della Camera dei Deputati, erano presenti anche il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi e l'AD del gruppo FS Mauro Moretti.
Proprio Moretti aveva dichiarato: "Dobbiamo allargare i mercati di competizione e proiettare l'Italia verso l'internazionalizzazione, rivedere i piani di incentivazione, così da finanziare anche trasporti su ferrovia e mare e non solo quelli su gomma, che al massimo devono coprire distanze di 200 km.
Il mercato è dove si sdogana. Dal punto di vista della tecnologia manca poco: bisogna portare i porti allo standard europeo e mettere a posto l'interno dei porti lavorando sulla connessione tra le navi e i treni".
All'interno del rapporto ha, infatti, grande spazio il tema dello sviluppo dei porti e della crescita dei traffici e dei commerci.
Partendo da questo documento e avvalendoci dei dati statistici di Assoporti relativi ai traffici dei principali porti italiani, vediamo quale sia la situazione della portualità italiana e quali siano le potenziali aree di sviluppo.
L'Italia e la "concorrenza"
Nel 2010, nei 27 porti italiani, l'ammontare complessivo di TEU nei 27 porti italiani è stato pari a 9,86 milioni. Secondo l'analisi contenuto nel Rapporto "Infrastrutture e Competitività 2013", al capitolo "Porti Alto Adriatico", il dato riferito al 2010 significa un traffico vero in entrata e in uscita di non oltre 4 - 6 milioni di TEU, pari a circa la metà del volume movimentato nel solo porto di Rotterdam e a circa 1/10 del sistema dei porti di Rotterdam, Anversa e Amburgo.
I porti del Nord Europa, infatti, sia in termini di capacità logistiche che di accessibilità e connettività con i principali mercati di destinazione, sono i principali concorrenti dei nostri porti.
Anche altre aree, però, stanno emergendo per quanti riguardo i traffici marittimi, e stanno diventando concorrenti "pericolosi" che non fanno bene alla salute dei nostri porti: le nuove strutture del Mediterraneo orientale e del Nord Africa.
Parlare di concorrenza tra i porti di diverse nazionalità significa che i porti "più forti" sono in grado di raggiungere mercati economicamente più validi, a cui i nostri porti non riescono ad accedere se i collegamenti preferiti dai Paesi di destinazione sono in altri Stati e non nel nostro.
E i mercati non scelgono in base alle distanze: i due mercati più forti in Europa (Pianura padana e Baviera/Baden Wuttemberg), dice il Rapporto, sono serviti dai porti del Nord Europa nonostante le distanze di 900/1000 chilometri tra Rotterdam e Amburgo rispetto ai 4/500 chilometri da Genova/Trieste.
La concorrenza ha fatto perdere posizioni ai porti italiani nel business dei container, con un calo del -1,9% tra il 2007 e il 2010 a fronte di un incremento del 15,6% per gli scali nord africani e del Medio Oriente.
Il Nord Africa sta emergendo soprattutto nel traffico da transhipment e i porti di quest'area hanno registrato un potenziamento della dotazione infrastrutturale.
Certo, il costo del lavoro in queste aree è molto più basso, ma i dati sulla concorrenza richiamano l'Italia ad interventi che non possono più essere rimandati, e che il %Rapporto riassume in questi punti: servizi portuali affidabili; ampi spazi disponibili per la logistica avanzata; reti di collegamento terrestri efficienti.
Riuscire ad attirare investimenti privati permetterebbe all'Italia di fare un balzo in avanti, ma è necessario che si creino le condizioni di certezza del diritto e la trasparenza nelle procedure.
I principali porti italiani: il confronto 2011-2012
Nel 2011, secondo le statistiche di Assoporti, i porti italiani hanno totalizzato un traffico pari a 481.153,838 migliaia di tonnellate di merci trasportate.
Di queste merci, le rinfuse liquide incidono maggiormente su quelle solide (per il 2011: 189.122,652 migliaia di tonnellate di rinfuse liquide a fronte delle 81.708,391 migliaia di tonnellate di rinfuse solide).
Le altre merci, 210.322,795 migliaia di tonnellate in totale, sono state 101.486,625 in carichi container e 81.349,200 attraverso Ro-Ro. Il totale dei TEU movimentati nel 2011, tra sbarchi, imbarchi e trasbordi, è stato di 9.528.629.
Tra il 2011 e il 2012 l'andamento delle merci movimentate è variato a seconda dei diversi porti italiani.
Dai dati forniti dalle diverse Autorità Portuali, e riuniti da Assoporti, vediamo che il Porto di Ancona ha perso il 5,5% nella quantità di tonnellate movimentate in totale.
Mentre le rinfuse liquide sono diminuite del -11,4%, quelle solide sono aumentate dell'11,7%,e il movimento dei TEU è aumentato del 17,8%.
Il Porto di Genova, che ha perso il -0,4% sulla quantità di tonnellate movimentate in totale, tiene però sul movimento dei TEU, con una crescita dell'11,8% (da 1.847.102 nel 2011 a 2.064.806 nel 2012.
Il Porto di La Spezia, con un calo complessivo di tonnellate movimentate di -9,5% tra il 2011 e il 2012, ha però guadagnato per quanto riguarda le rinfuse solide (+10,4%).
Anche il Porto di Civitavecchia, che ha perso il 2% del traffico complessivo, ha aumentato quello delle rinfuse liquide (+3%) e delle rinfuse solide (+6%).
Il Porto di Venezia ha perso sia nel numero delle tonnellate totali movimentate (-3,5%) sia nel numero dei TEU (-6,2%).
Il Porto di Brindisi ha aumentato le tonnellate movimentate del 2,18%, in particolare aumentando le rinfuse solide (+7,28%).
Il Porto di Taranto ha perso il 14,4% delle merci movimentate e diventa sempre più importante la realizzazione di una Piattaforma logistica integrata che sfrutti la posizione strategica del porto di Taranto nella prospettiva del "Corridoio Adriatico" e delle "Autostrade del mare".
Il progetto Maersk per l'Alto Adriatico
Il Progetto Unicredit-Maersk vuole presentare un modello innovativo: la costituzione di una piattaforma logistica del Nord Adriatico in grado di movimentare fino a 3,2 milioni di TEU.
In questo modo si ridurrebbero i tempi di transito delle merci tra l'Estremo Oriente e l'Europa grazie alla qualifica del Nord Italia come porta d'accesso per l'Europa.
Lo scalo diretto sul porto di Monfalcone rappresenterebbe un vantaggio in termini di distanza rispetto ai principali porti del Nord Europa (risparmio di circa 680 euro per container, di 6/7 giorni di navigazione e, grazie al trasporto ferroviario, riduzione del 15% delle emissioni di Co2).
Monfalcone sarebbe in grado di servire diversi Paesi, dalla Germania ai Balcani, oltre ad essere sul corridoio delle Ten-t e vicino alle principali linee ferroviarie internazionali, l'Asse Adriatico - Baltico.
Il progetto è in attesa dell'Intesa tra Stato e Regione.
Il tema delle infrastrutture, dopo il Decreto del Fare, torna a far parlare di sé con la presentazione da parte delle Fondazioni Astrid, Italiadecide e Respublica, del Rapporto "Infrastrutture e Competitività 2013", un documento che riunisce i report delle grandi opere in Italia, da quelle stradali a quelle ferroviarie, e le questioni strategiche in merito a lavori pubblici, finanziamenti e fattibilità delle opere, il tutto con capitoli molto interessanti sul mondo del traffico marittimo.
Alla presentazione, avvenuta lunedì 8 luglio 2013 presso l'Auletta di Gruppi della Camera dei Deputati, erano presenti anche il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi e l'AD del gruppo FS Mauro Moretti.
Proprio Moretti aveva dichiarato: "Dobbiamo allargare i mercati di competizione e proiettare l'Italia verso l'internazionalizzazione, rivedere i piani di incentivazione, così da finanziare anche trasporti su ferrovia e mare e non solo quelli su gomma, che al massimo devono coprire distanze di 200 km.
Il mercato è dove si sdogana. Dal punto di vista della tecnologia manca poco: bisogna portare i porti allo standard europeo e mettere a posto l'interno dei porti lavorando sulla connessione tra le navi e i treni".
All'interno del rapporto ha, infatti, grande spazio il tema dello sviluppo dei porti e della crescita dei traffici e dei commerci.
Partendo da questo documento e avvalendoci dei dati statistici di Assoporti relativi ai traffici dei principali porti italiani, vediamo quale sia la situazione della portualità italiana e quali siano le potenziali aree di sviluppo.
L'Italia e la "concorrenza"
Nel 2010, nei 27 porti italiani, l'ammontare complessivo di TEU nei 27 porti italiani è stato pari a 9,86 milioni. Secondo l'analisi contenuto nel Rapporto "Infrastrutture e Competitività 2013", al capitolo "Porti Alto Adriatico", il dato riferito al 2010 significa un traffico vero in entrata e in uscita di non oltre 4 - 6 milioni di TEU, pari a circa la metà del volume movimentato nel solo porto di Rotterdam e a circa 1/10 del sistema dei porti di Rotterdam, Anversa e Amburgo.
I porti del Nord Europa, infatti, sia in termini di capacità logistiche che di accessibilità e connettività con i principali mercati di destinazione, sono i principali concorrenti dei nostri porti.
Anche altre aree, però, stanno emergendo per quanti riguardo i traffici marittimi, e stanno diventando concorrenti "pericolosi" che non fanno bene alla salute dei nostri porti: le nuove strutture del Mediterraneo orientale e del Nord Africa.
Parlare di concorrenza tra i porti di diverse nazionalità significa che i porti "più forti" sono in grado di raggiungere mercati economicamente più validi, a cui i nostri porti non riescono ad accedere se i collegamenti preferiti dai Paesi di destinazione sono in altri Stati e non nel nostro.
E i mercati non scelgono in base alle distanze: i due mercati più forti in Europa (Pianura padana e Baviera/Baden Wuttemberg), dice il Rapporto, sono serviti dai porti del Nord Europa nonostante le distanze di 900/1000 chilometri tra Rotterdam e Amburgo rispetto ai 4/500 chilometri da Genova/Trieste.
La concorrenza ha fatto perdere posizioni ai porti italiani nel business dei container, con un calo del -1,9% tra il 2007 e il 2010 a fronte di un incremento del 15,6% per gli scali nord africani e del Medio Oriente.
Il Nord Africa sta emergendo soprattutto nel traffico da transhipment e i porti di quest'area hanno registrato un potenziamento della dotazione infrastrutturale.
Certo, il costo del lavoro in queste aree è molto più basso, ma i dati sulla concorrenza richiamano l'Italia ad interventi che non possono più essere rimandati, e che il %Rapporto riassume in questi punti: servizi portuali affidabili; ampi spazi disponibili per la logistica avanzata; reti di collegamento terrestri efficienti.
Riuscire ad attirare investimenti privati permetterebbe all'Italia di fare un balzo in avanti, ma è necessario che si creino le condizioni di certezza del diritto e la trasparenza nelle procedure.
I principali porti italiani: il confronto 2011-2012
Nel 2011, secondo le statistiche di Assoporti, i porti italiani hanno totalizzato un traffico pari a 481.153,838 migliaia di tonnellate di merci trasportate.
Di queste merci, le rinfuse liquide incidono maggiormente su quelle solide (per il 2011: 189.122,652 migliaia di tonnellate di rinfuse liquide a fronte delle 81.708,391 migliaia di tonnellate di rinfuse solide).
Le altre merci, 210.322,795 migliaia di tonnellate in totale, sono state 101.486,625 in carichi container e 81.349,200 attraverso Ro-Ro. Il totale dei TEU movimentati nel 2011, tra sbarchi, imbarchi e trasbordi, è stato di 9.528.629.
Tra il 2011 e il 2012 l'andamento delle merci movimentate è variato a seconda dei diversi porti italiani.
Dai dati forniti dalle diverse Autorità Portuali, e riuniti da Assoporti, vediamo che il Porto di Ancona ha perso il 5,5% nella quantità di tonnellate movimentate in totale.
Mentre le rinfuse liquide sono diminuite del -11,4%, quelle solide sono aumentate dell'11,7%,e il movimento dei TEU è aumentato del 17,8%.
Il Porto di Genova, che ha perso il -0,4% sulla quantità di tonnellate movimentate in totale, tiene però sul movimento dei TEU, con una crescita dell'11,8% (da 1.847.102 nel 2011 a 2.064.806 nel 2012.
Il Porto di La Spezia, con un calo complessivo di tonnellate movimentate di -9,5% tra il 2011 e il 2012, ha però guadagnato per quanto riguarda le rinfuse solide (+10,4%).
Anche il Porto di Civitavecchia, che ha perso il 2% del traffico complessivo, ha aumentato quello delle rinfuse liquide (+3%) e delle rinfuse solide (+6%).
Il Porto di Venezia ha perso sia nel numero delle tonnellate totali movimentate (-3,5%) sia nel numero dei TEU (-6,2%).
Il Porto di Brindisi ha aumentato le tonnellate movimentate del 2,18%, in particolare aumentando le rinfuse solide (+7,28%).
Il Porto di Taranto ha perso il 14,4% delle merci movimentate e diventa sempre più importante la realizzazione di una Piattaforma logistica integrata che sfrutti la posizione strategica del porto di Taranto nella prospettiva del "Corridoio Adriatico" e delle "Autostrade del mare".
Il progetto Maersk per l'Alto Adriatico
Il Progetto Unicredit-Maersk vuole presentare un modello innovativo: la costituzione di una piattaforma logistica del Nord Adriatico in grado di movimentare fino a 3,2 milioni di TEU.
In questo modo si ridurrebbero i tempi di transito delle merci tra l'Estremo Oriente e l'Europa grazie alla qualifica del Nord Italia come porta d'accesso per l'Europa.
Lo scalo diretto sul porto di Monfalcone rappresenterebbe un vantaggio in termini di distanza rispetto ai principali porti del Nord Europa (risparmio di circa 680 euro per container, di 6/7 giorni di navigazione e, grazie al trasporto ferroviario, riduzione del 15% delle emissioni di Co2).
Monfalcone sarebbe in grado di servire diversi Paesi, dalla Germania ai Balcani, oltre ad essere sul corridoio delle Ten-t e vicino alle principali linee ferroviarie internazionali, l'Asse Adriatico - Baltico.
Il progetto è in attesa dell'Intesa tra Stato e Regione.