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30 luglio 2013Generale

ISPRA: ambiente, trasporti ed energia al centro del rapporto 2012.

In breve
Il report, giunto alla sua undicesima edizione, viene proposto in molteplici versioni, per rispondere alle esigenze di un’utenza ampia e variegata.
Oltre alla versione integrale, infatti, il report dell’Istituto è organizzato in “Tematiche in primo piano”, “Tematiche in primo piano light”, “Annuario in cifre”, “Database”, “Multimediale” e “Fumetto”, destinato a un pubblico giovane di non esperti.
Dall’ambiente ai consumi, dal protocollo di Kyoto ai mezzi di trasporto merci e passeggeri fino alla diminuzione dei rifiuti urbani, un quadro ampio su come e dove sta cambiando il nostro Paese.
 
Premessa
Qual è il mezzo di trasporto più utilizzato dagli italiani?
E che cosa sappiamo dell’ambiente, del protocollo di Kyoto e delle emissioni di gas serra? A queste domande risponde ampiamente il nuovo rapporto ISPRA 2012 (Istituto Superiore per la protezione e la Ricerca ambientale), che raccoglie dati attraverso un percorso di confronto e reporting italiano ed europeo, sollecitando e stimolando così dibattiti e strategie da mettere in atto sull’ambiente.

Partiamo quindi dal mezzo di trasporto più utilizzato dagli italiani che, come si legge nel documento, rimane l’automobile (rispettivamente il 62,9%).

Il settore trasporti, in Italia, infatti, nel 2012, è responsabile del 23,4% delle emissioni totali di gas serra.
Le stime provvisorie di emissioni di gas serra per il 2012 (aggiornate al 30 giugno 2013), pari a 464,55 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, evidenziano un’ulteriore diminuzione del 5% rispetto al 2011, per il perdurare della congiuntura economica negativa, mostrando una riduzione complessiva rispetto al 1990 del 10,5%.

Eppure, la distanza dall’obiettivo del Protocollo di Kyoto si assottiglia sempre di più, tanto da consentire all’Italia di arrivare al traguardo con uno sforzo limitato, attraverso l’utilizzo dei crediti consentiti dai meccanismi del Protocollo stesso e dei crediti derivanti dalle attività forestali.

Rimane tuttavia pesante la pressione esercitata sull’ambiente dalle attività industriali: continuano a preoccupare, infatti, gli effetti negativi sulla salute dell’uomo e sugli ecosistemi causati dalla presenza di sostanze pericolose nel suolo, nel sottosuolo, nei sedimenti e nelle acque sotterranee.


La produzione e gestione dei rifiuti speciali``
Voce significativa e dettagliata del documento, la produzione complessiva dei rifiuti speciali si attesta, nel 2010, a 137,9 milioni di tonnellate, facendo registrare un aumento del 2,4% rispetto al 2009 (134,6 milioni di tonnellate).

Tale incremento risulta strettamente correlato alla limitata ripresa del mercato e dell’industria dopo la crisi economico-finanziaria del biennio 2008-2009.

Nel dettaglio, l’aumento è dovuto ai soli rifiuti speciali non pericolosi che, rispetto al 2009, mostrano un incremento del 3,1% (oltre 3,9 milioni di tonnellate) tornando ai livelli del 2008.

La produzione di rifiuti pericolosi presenta, invece, un calo percentuale del 6,4%, pari a 651 mila tonnellate. La produzione dei rifiuti speciali non pericolosi risulta pari a 128,2 milioni di tonnellate, inclusi i quantitativi provenienti da attività di costruzione e demolizione.

Il quantitativo di rifiuti speciali pericolosi prodotto nel 2010 si attesta invece a circa 9,6 milioni di tonnellate. Tra il 2009 e il 2010 si osserva un aumento pari all’1,3% per i rifiuti speciali non pericolosi da C&D, un aumento del 4,8% circa per i rifiuti speciali non pericolosi provenienti dalle altre attività produttive.

I rifiuti speciali non pericolosi vengono soprattutto dal settore costruzioni e demolizioni e dalle attività manifatturiere, con percentuali pari, rispettivamente, al 46,2% e 26,4% del totale, mentre alle attività di trattamento dei rifiuti è attribuibile il 20,2% della produzione complessiva, con quasi 26 milioni di tonnellate.

Analizzando i soli rifiuti pericolosi, si rileva che il settore manifatturiero ha prodotto circa la metà del totale, esattamente il 47,8%, pari a 4,6 milioni di tonnellate.

Il 24,4% è invece attribuibile al settore “servizi, commercio e trasporti”, che ricomprende un quantitativo pari a circa 1,7 milioni di tonnellate di veicoli fuori uso radiati per demolizione, e il 18,4% proviene dalle attività di trattamento rifiuti.

Il 63,8% (2,9 milioni di tonnellate) del quantitativo di rifiuti pericolosi complessivamente prodotto dal settore manifatturiero deriva dall’industria chimica della raffinazione e della fabbricazione di prodotti chimici, di articoli in gomma e in materie plastiche.

Le operazioni di smaltimento hanno interessato, invece, 9,5 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi, circa l’80% del totale gestito.

La forma maggiormente utilizzata è rappresentata dal trattamento chimico fisico con circa 7,3 milioni di tonnellate, il 76,3% del totale pericoloso smaltito, mentre l’8,2% dei rifiuti è stato smaltito in discarica (circa 777 mila tonnellate).

Riguardo allo smaltimento in discarica, il numero degli impianti è diminuito di 30 unità rispetto al 2009; complessivamente sono state censite 475 discariche: di queste, il 47% sono discariche per rifiuti inerti (221), il 51% discariche per rifiuti non pericolosi (244) e solo il 2% discariche per rifiuti pericolosi (10).

Nel 2010 sono state smaltite in discarica circa 12 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, con una riduzione di quasi il 7% rispetto al 2009.

La diminuzione è particolarmente rilevante al Centro (-12%), seguita dal Nord con un calo del 7,7%; in controtendenza il Sud con un incremento del 3,8%.

Nel 2010 sono 103 gli impianti di incenerimento che hanno trattato rifiuti speciali, in gran parte localizzati al Nord (63), 24 al Sud e 16 al Centro.

Complessivamente sono state avviate a incenerimento quasi 979 mila tonnellate di rifiuti speciali (397 mila tonnellate di pericolosi e 582 mila tonnellate di non pericolosi); i rifiuti sanitari sono oltre 133 mila tonnellate (14% del totale).
Rispetto al 2009 si registra un aumento del 4%.


Recupero Energetico
Riguardo al recupero energetico, gli impianti industriali in esercizio che hanno utilizzato i rifiuti speciali come fonte di energia sono 500, di questi 365 utilizzano una quantità di rifiuti superiore a 100 t/anno, i restanti 135 utilizzano piccoli quantitativi di rifiuti esclusivamente per il recupero di energia termica funzionale al proprio ciclo produttivo.

Il totale di rifiuti speciali recuperati sotto forma di energia è pari a circa 2,3 milioni di tonnellate con un aumento, rispetto al 2009, del 9%.

I rifiuti pericolosi sono oltre 131 mila tonnellate (6% del totale). Il quadro regionale evidenzia che la maggior parte dei rifiuti speciali, pari all’81%, è trattato in sole sette regioni: la Lombardia con oltre 612 mila tonnellate (27%), l’Emilia Romagna con 425 mila tonnellate (19%), il Piemonte con quasi 223 mila tonnellate (10%), il Friuli-Venezia Giulia con quasi 192 mila tonnellate (8%), il Veneto con 169 mila tonnellate (7%), la Puglia con 145 mila tonnellate (6%) e, infine, l’Umbria con oltre 80 mila tonnellate (4%).

Per completare l’analisi della gestione dei rifiuti è necessario computare anche i quantitativi importati ed esportati. Nel 2010 la quantità di rifiuti speciali esportata ammonta a 3,8 milioni di tonnellate, di cui circa 2,5 milioni di tonnellate sono rifiuti non pericolosi (65%) e oltre 1,3 milioni di tonnellate sono rifiuti pericolosi (35%).

I maggiori quantitativi di rifiuti esportati sono destinati a impianti localizzati in Germania (1,5 milioni di tonnellate) e in Cina (399 mila tonnellate).

La Germania riceve oltre un milione di rifiuti pericolosi che avvia a smaltimento nelle miniere di sale.
L’Italia utilizza meno energia per unità di prodotto della maggior parte dei paesi industrializzati.

Il confronto interno all’Unione Europea evidenzia comunque che l’intensità energetica dell’Italia resta più bassa della media europea ed è tra le più basse dei 27 Paesi.

Nel periodo 1990-2008 la domanda energetica dell’industria è cresciuta lievemente, rallentando nel tempo sia per un uso più efficiente delle risorse sia per fattori strutturali come il calo dell’incidenza dell’industria pesante.

A seguito della crisi economica, dopo il 2008, si registra una forte contrazione in tale settore.
Nel settore dei trasporti la crescita annua è stata assai più sostenuta, ma anche questa si è arrestata per effetto della situazione economica nazionale.


Assoluta centralità del trasporto su strada
Nel complesso delle modalità di trasporto in Italia, la stima del traffico interno di merci, nel 2011, si attesta intorno ai 200 miliardi di tonnellate-km18 (circa 274,9 miliardi di tonnellate-km, qualora si prenda in considerazione anche l’autotrasporto di vettori esteri in Italia), evidenziando, rispetto al 2005, nonostante un trend altalenante, una riduzione complessiva del 15,7%.

La situazione appare diversa per il trasporto passeggeri che è rimasto costante tra il 2005 e il 2008, per poi risalire nel 2009 (+4%) e diminuire a partire dal 2010.

Si rileva comunque, un decremento complessivo tra il 2005 e il 2011 del 2%.
L’analisi dei dati del traffico merci per modalità di trasporto conferma l’assoluta prevalenza del trasporto su strada che, nel 2011, assorbe il 59,2% delle tonnellate-km di merce complessivamente trasportata, tuttavia si registra una diminuzione, tra il 2005 e il 2011, del 6,4%, a favore del trasporto marittimo (6,8).

Sempre nel 2011 le percentuali assorbite dalle rimanenti modalità di trasporto sono: 26,5% per le vie d’acqua; 13,7% per le ferrovie e oleodotti; 0,52% per la modalità aerea, che continua a coprire una quota esigua del trasporto interno di merci, in virtù del fatto che è dedicata soprattutto al trasporto internazionale.

Da un’analisi del traffico per le diverse modalità di trasporto si evidenziano situazioni differenti. In particolare, i dati relativi al traffico aeroportuale tra il 2005 e il 2011, studiati in base al numero di movimenti degli aeromobili per il trasporto aereo commerciale (nazionale e internazionale), mostrano un trend altalenante.

Dopo aver raggiunto l’apice nel 2007 (1.532.987 movimenti), il traffico aeroportuale diminuisce fino al 2009 (-9,8%) per poi iniziare nuovamente a crescere nel 2010 del 3,7% e continuare anche nel 2011, anche se con una incidenza minore (+1,2% rispetto al 2010)21.
``
Il traffico veicolare, nel lungo periodo 2000-2011 (Figura II.9), subisce un incremento dei chilometri percorsi dai veicoli leggeri e pesanti sulle autostrade italiane di circa il 17%.

Tale andamento in forte crescita si è avuto fino al 2007, a partire dal quale il traffico si è poi stabilizzato intorno agli 83 miliardi di veicoli/km fino al 2010, per diminuire lievemente (-1%) nel 2011.

Per quanto riguarda il traffico ferroviario, nel 2011 sulla rete delle Ferrovie dello Stato hanno circolato 320,6 milioni di treni-km per il trasporto dei passeggeri (+2,5% rispetto al 2005) e circa 41,6 milioni di treni-km per il trasporto delle merci (-31,5% rispetto al 2005).

In particolare, il 2009 vede una forte riduzione rispetto al 2008 del traffico ferroviario delle merci che si riduce del 26,7%, a causa della crisi economica, continuando la discesa, anche se con un peso inferiore, nel 2010 (-4%), e riprendendo a crescere a partire dal 2011 (+2%).

Al fine di avere una visione più completa del tema “trasporti e mobilità” è importante esaminare le pressioni esercitate nel nostro Paese legate alla problematica del traffico: mezzi e infrastrutture presenti in Italia.

Al 31 dicembre 2010 la consistenza della rete stradale italiana primaria (esclusa quella comunale) ha raggiunto i 186.419 chilometri, ripartiti in 6.668 km di autostrade, 20.856 km di altre strade di interesse nazionale e 158.895 km di strade regionali e provinciali, con un incremento complessivo rispetto al 2000 dell’11,1% circa.

Nel panorama dell’informazione statistica inerente il traffico su strada, AISCAT (Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori) fornisce dati che si riferiscono ai volumi di traffico registrati sulla rete autostradale in concessione soggetta a rilevamento continuo del traffico (5.523,4 km al 31 dicembre 2011), da cui risulta che nel 2011 i veicoli teorici medi giornalieri circolanti sono stati oltre 40,8 milioni (inferiori a quelli del 2010 che erano 41,3 milioni), di cui 31,5 milioni veicoli leggeri (77,2%) e 9,3 milioni veicoli pesanti (22,8%).

Per quanto riguarda la rete ferroviaria, la sua estensione al 2010 ammonta a circa 20.392 km, 975 km in più rispetto a quella presente nel 2000.

Nel medesimo periodo, si sono registrati aumenti nell’estensione della rete elettrificata e di quella a doppio binario, rispettivamente del 12,3% e del 25,3%.

I dati disponibili evidenziano una significativa presenza anche delle infrastrutture portuali sul territorio nazionale.
In particolare, al 31 dicembre 2011, sono stati rilevati 270 porti (11 in più rispetto al 2010) con una lunghezza complessiva delle banchine relative a tali punti di approdo superiore ai 463 chilometri (+11,2 km rispetto al 2010), con una media di circa 233 metri per accosto e di oltre 1,7 chilometri per porto.

Per quanto riguarda il trasporto marittimo gli accosti registrati nel 2011 sono stati 1.992, con un incremento del 78% rispetto al 2001.

Per quanto riguarda le infrastrutture aeroportuali su tutto il territorio nazionale, nel 2011, sono presenti 46 aeroporti aperti al solo traffico commerciale, con una distribuzione di 1 aeroporto ogni 1,32 milioni di residenti.