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7 agosto 2013Logistica e intermodalità

Interporti, l' importanza di un riassetto della normativa di settore

Per un effettivo rilancio degli interporti italiani

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Roma, 6 agosto 2013 - Gli interporti sono strettamente funzionali all’intermodalità. Intesa, quest’ultima, in senso non solo descrittivo (una mera tecnica trasportistica) ma propulsivo (potenziale fattore di efficientamento di una o più filiere logistiche). Una definizione soddisfacente di interporto si trova nella Legge 240 del 1990: “Un complesso organico di strutture e servizi integrati e finalizzati allo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, comunque comprendenti uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione”. Tuttavia, se volessimo ripercorrere la storia della legislazione di settore, ci accorgeremmo che, nonostante i ripetuti interventi (Legge 245 del 1984; la citata Legge 240 del 1990; Legge 204 del 1995; Legge 454 del 1997; Legge 57 del 2001; Legge 166 del 2002), un assetto definito e coerente ancora manca.

Manca, cioè, lo strumento giuridico finalizzato alla stesura di effettive linee-guida in materia di interporti, tanto per l’adeguamento di quelli esistenti, quanto per la realizzazione di nuovi. Manca, di conseguenza, la possibilità di inserirli in una rete connettiva di valore strategico, dal punto di vista della crescita dei traffici e della logistica (il che significherebbe, tra l’altro, affrontare il problema della razionalizzazione dell’uso del territorio in funzione del trasporto). Diverse le ragioni di questa incertezza tanto a lungo protrattasi.

Nei decenni, la disciplina degli interporti italiani è oscillata tra qualificazione pubblicistica (con relativo regime concessorio degli stessi) e natura liberamente imprenditoriale; tra competenza statale e competenza regionale; con l’aggiunta, “dall’alto”, di direttive europee più subite che consapevolmente affrontate. Il decisore politico ha così preferito, alla strada dell’intervento integrato in grado di evitare lo spiazzamento competitivo delle filiere logistiche, quella dell’erogazione di incentivi frammentari escogitati, di volta in volta, per promuovere il trasporto intermodale.

Ne sono derivate criticità gravanti su tutto il sistema interportuale, e puntualmente analizzate nel Piano Nazionale della Logistica 2012-2020: insufficiente accessibilità ed inadeguatezza infrastrutturale, localizzazione degli impianti in aree che presentano un’elevata dispersione delle attività produttive, presenza di interporti in cui prevale in maniera consistente il “tutto-gomma” (anche a causa dei limiti dimensionali e funzionali dell’infrastruttura ferroviaria). La svolta, a detta di molti addetti ai lavori, potrebbe arrivare dall’approvazione della nuova legge quadro in materia di interporti.

La relativa proposta di legge (n. 730), ora all’esame della Commissione Trasporti della Camera, riproduce il contenuto del testo unificato delle proposte di legge n. 3681 e n. 4296, che era stato approvato nella precedente legislatura dalla Camera dei Deputati quasi all’unanimità, ma non era riuscito a completare l’iter al Senato. La normativa risultante dalla proposta definisce le procedure per l’istituzione di nuovi interporti e i relativi requisiti; impone al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti una ricognizione degli interporti già esistenti; attribuisce, al Ministro, una serie di poteri di direttiva sulla localizzazione degli interporti, la cui gestione è, peraltro, riconosciuta quale attività di prestazione di servizi avente natura commerciale.

Soprattutto, è una normativa finalmente permeata da un approccio innovativo, basato sul concetto di “piattaforma logistica territoriale” vista come quell’aggregato di infrastrutture e servizi che, a prescindere dai confini regionali, svolge funzioni direttive di valore strategico per l’intero territorio nazionale, in particolare nei suoi rapporti con la rete transnazionale dei trasporti, per favorirne l’interconnessione più efficace. Circostanza piuttosto significativa: la proposta di legge in discorso, nel suo articolato, dà per scontata l’esistenza della Consulta Nazionale per l’Autotrasporto e la Logistica. Che, anzi, dovrebbe essere affiancata da un Comitato Nazionale per l’Intermodalità e la Logistica, formato dal Ministro (o suo delegato) e dai Presidenti delle Regioni nelle quali sono ubicate le piattaforme logistiche territoriali.

Nella seduta della Commissione Trasporti del 2 luglio scorso il Sottosegretario Rocco Girlanda (nella foto), esprimendo il parere favorevole del Governo sulla proposta di legge, ha fatto presente la necessità di addivenire alle indispensabili correzioni di errori formali, essendo stata la Consulta soppressa, com’è noto, con l’entrata in vigore della cosiddetta “Spending Review”. Ma, facciamo sommessamente notare, potrebbe anche non trattarsi di errori formali di coordinamento del testo. Potrebbe essere la spia della necessità di avere, comunque, operativo un organismo che, anche per la sua composizione, sappia assicurare un momento di sintesi e di raccordo.

Carlo Sgandurra