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1 aprile 2015Generale

Incompiute, buco da 1,7 miliardi

 È la somma che servirebbe a completare le 693 opere censite dal Mit. C'è l'anagrafe, ma servono le priorità. Evitare la duplicazioni di programmi
di Mauro Salerno
 
Un'iniezione di liquidità da almeno 1,7 miliardi . È quello che servirebbe per portare a termine le 693 opere incompiute che punteggiano il territorio italiano, di cui si è discusso durante la prima visita a Porta Pia del premier Matteo Renzi, in qualità di ministro a interim delle Infrastrutture (ruolo che potrebbe perdere a ore passando il testimone a Graziano Delrio). Cantieri interrotti per un controvalore di circa 3,5 miliardi, metà dei quali (49%) riferiti a micro-interventi con importi inferiori al milione di euro.
 
Tutto questo a voler stare ai dati ufficiali dell'elenco-anagrafe delle incompiute inaugurato due anni fa dal ministero. Numeri che però, va detto subito, vanno presi con le pinze. Per una serie di motivi, peraltro non taciuti nel documento con l'aggiornamento dei dati a fine 2014, presentato a metà gennaio. 
 
Primo: l'elenco è costruito sulla base delle segnalazioni degli enti locali. E non c'è nessuna sanzione per chi non si "autodenuncia". Risultato: l'anagrafe è del tutto parziale, come spiega lo stesso documento del Mit dove si rileva che «non è noto il livello di copertura della rilevazione che non può comunque essere considerata censuaria». Il fatto che la sia costruzione sia del tutto affidata alla buona volontà delle amministrazioni produce peraltro effetti paradossali. Si prenda il caso del Lazio. Fino all'ultima rilevazione (che infatti contava 692 opere poi corrette a 693 proprio per questo motivo) il comune di Roma si era "dimenticato" di segnalare la propria incompiuta-simbolo: il cantiere della Città dello Sport, la cosiddetta Vela di Santiago Calatrava, nel quartiere universitario di Tor Vergata. Per portare a termine lo scheletro d'acciaio tirato su per i mondiali di Nuoto del 2009 sono già stati spesi circa 200 milioni. Secondo le ultime stime ne servirebbero almeno altri 400. Un dato che fa lievitare in un colpo solo a 1,7 miliardi il fabbisogno ufficiale stimato a gennaio dal Mit in 1,3 miliardi. 
 
Mentre risulta difficile credere che la maggior parte delle incompiute laziali si concentri nei comuni di Sant'Andrea e Sant'Ambrogio del Garigliano (1.601 e 976 anime in provincia di Frosinone) come invece sembrerebbe emergere dall'elenco spedito dall'osservatorio dei lavori pubblici regionale, affidato all'attivismo degli enti locali, a caccia di fondi per completare i propri microcantieri.
 
Sul fronte opporsto, c'è da considerare che molte amministrazioni che avevano inviato segnalazioni negli anni precedenti, non le hanno riproposte negli anni successivi. Con il risultato che il dato di 693 interventi non ultimati, andrebbe «incrementato almeno di ulteriori 250 opere». Mancano poi i dati temporali necessari per capire se l'amministrazione è ancora interessata portare a termine quel progetto, immaginato magari 20 anni prima e oramai considerato del tutto datato o inutile. Un classico esempio è l'idrovia Padova-Venezia, opera ormai considerata superata eppure inclusa nell'elenco con un costo di 461 milioni.
 
Insomma l'anagrafe va considerata solo come una base di partenza per aggredire il fenomeno. Ma è tutto fuorché un elenco di priorità. A meno di non voler ripetere l'errore della legge obiettivo che considerava ugualmente strategici i cantieri dell'Alta velocità e la Passocorese-Rieti. O pensare che per rilanciare il motore dell'edilizia e tamponare il degrado del nostro territorio sia necessario inseguire i desiderata delle «pro-loco» e ripartire dai «lavori di realizzazione di un parco giochi in località Fontana Giardino» o realizzare finalmente la palestra del centro sociale anziani a Vico nel Lazio.
 
C'è un altro rischio da evitare. Quello di ripetere la frammentazione dei piani che ha caratterizzato i progetti di recupero dell'edilizia scolastica, con fondi alla fine divisi in almeno otto diversi canali e programmi di riqualificazione e di spesa rimasti al palo per anni. Al piano (senza fondi) gestito da Porta Pia lo Sblocca Italia ha affiancato un finanziamento da 200 milioni per portare a termine le opere segnalate a Renzi dai sindaci lo scorso giugno. Con 701 richieste arrivate sui tavoli di Palazzo Chigi, che ora gli uffici stanno scremando per individuare quelle da portare al Cipe, cui spetta l'attribuzione dei fondi. L'arrivo di Renzi a Porta Pia, anche solo per qualche giorno, potrebbe aiutare a mettere insieme i due programmi. E magari dare una spinta anche al provvedimento cui i tecnici del ministero hanno lavorato nelle ultime settimane, puntando a coinvolgere i privati con sconti fiscali sui lavori di completamento e corsie preferenziali per i cambi d'uso.