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12 febbraio 2015Generale

I ritardi che frenano ancora l'Italia

di Carlo Andrea Finotto
 
Meno autostrade, più banda larga. Il Rapporto 2015 dell'Osservatorio sui Costi del non fare - le ricadute negative intermini economici e di competitività, provocati da ritardi o mancate realizzazioni - stima in oltre 640 miliardi i costi complessivi derivanti da carenze infrastrutturali di qui al 2030. Lo scotto più pesante lo pagheremo se non riusciremo a dotarci delle adeguate coperture in banda larga: 389 miliardi di "costi" nei prossimi 15 anni. È la vittoria delle autostrade digitali su quelle di catrame e cemento, che secondo il Cnf 2015 vedono ridursi il fabbisogno di circa la metà: da 1.300 a73o km. La mancata realizzazione porterà comunque a oltre 33 miliardi di costi, poco meno di quanto ci costerà non mettere mano al sistema idrico (la vicenda Messina, rimasta settimane senz'acqua, insegna). La classifica indica 57,4 miliardi di Cnf per la logistica, 61,8 per la rete ferroviaria, 61,9 miliardi per la rete energetica. In coda, invece, il sistema di gestione dei rifiuti: 2,6 miliardi di costi stimati. Il Rapporto Cnf mette in fila anche alcuni casi di opere strategiche in ritardo e con aumenti di costi: si va da un ritardo sulla consegna di 365 giorni per l'elettrodotto Sorgente Rizziconi ai 1.920 giorni per la Metro C di Roma (in base alla data di consegna stimata). L'incremento dei costi va dall'11%-12% per l'elettrodotto Turbigo-Rho e per la Metro 5 di Milano, al 1o8% per l'Autostrada Brebemi. Tra le cause principali, soprattutto le varianti progettuali; ma anche le opposizioni di stakeholder o di comitati locali.
«Per evitare tutto questo occorrono almeno tre cose - dice Andrea Gilardoni, docente della Bocconi e presidente dell'Osservatorio- definire delle linee guida per progettare con qualità, e aiutare la Pa a gestire i progetti e i principali fattori di rischio; sviluppare un Rating sociale che possa incidere sul commitment della Pa, sulle scelte di molti investitori interessati al ritorno sociale e sulla valutazione del progetto da parte di stakeholder e popolazioni; infine, creare un fondo da 5o milioni di curo, ampliabile a 150 milioni con cofinanziamenti, per realizzare 100 studi di prefattibilità per altrettanti progetti strategici per il Paese». Sebbene, come sottolinea Stefano Clerici, direttore dell'Osservatorio, sia «in atto un processo di ripianificazione e di razionalizzazione delle priorità infrastrutturali (il Mit ha ridotto da40o a30 le grandi opere), tuttavia, emergono ancora i gravi limiti del sistema: il blocco della Metro C di Roma,la crisi idrica a Messina, i dissesti idrogeologici in Liguria, in Campania e in Calabria e il crollo dei ponti in Sicilia sono alcuni degli esempi».

Fonte: Il Sole 24 Ore